lunedì 7 dicembre 2009

THE GUN CLUB - MIAMI


La Cooking vinyl è una coraggiosa etichetta inglese che ha in catalogo cose che mi farebbero mettere compulsivamente mano al portafogli se solo quest'ultimo fosse pieno di qualcosa.
Ma per le ristampe dei tre dischi dei Gun Club appena ristampati ("Miami", "The Las Vegas story" e "Death party") è probabile che riuscirò a trovare il dovuto così come l'incallito giocatore trova sempre i soldi per la giocata finale. Le tre ristampe contengono ognuna un CD supplementare con un concerto dal vivo della band di Jeffrey Lee Pierce relativo ai tempi di incisione di ciascun disco e probabilmente sono quelli che mi spingeranno all'acquisto visto che le tre perle le ho già sia in CD che in vinile.
Sì, ho capito, i musicofili sono dei pazzi. Ma qualsiasi musicofilo che dichiari di essere pazzo in realtà non è pazzo.
Ma lasciamo le frasi da Comma 22 e vediamo come e perché "Miami" è un disco che non dovrebbe mancare in nessuna discografia di rispetto.
Mi si può obiettare: e "Fire of love"? Beh, facile. Stesso discorso. E ancora lo stesso per il terzo, "The Las Vegas story".
Jeffrey Lee Pierce è un diavolo coi capelli tinti, un bluesman bianco nelle cui vene scorre stricnina e tequila, un punk delle praterie e dei deserti, un rocker che lascia scie di sangue sulle corde della chitarra e sull'asta del microfono, un menestrello piantato sulla crossroad che alla fine, stanco di aspettare un diavolo a cui vendere l'anima ha deciso egli stesso di farsi diavolo.



"Miami" è un disco blues. E punk. E rock. Ma soprattutto un disco di grande musica americana.
E' un disco dove l'anima nera, il Grande Spirito dei nativi ed i tormenti del bianco libero si compentrano formando un amalgama di dolore, speranza, illusione e consapevolezza che non mancheranno di lasciare con brividi caldi fin sotto la pelle chiunque avrà modo di andare fino in fondo alla nuvola alcolica nella quale i Gun Club e Jeffrey Lee vi trascineranno fin dal primo solco.
"Miami" agita lo spirito di Robert Johnson come quello di Jim Morrison, come quello di Aquila Nera, come quello di chiunque abbia percepito nella sua vita l'universo di desolazione, solitudine e rabbia dei vari cavalieri solitari che hanno affidato alla musica il loro grido, così come lo spirito dell'America oscura, rituale ed esclusa dal Grande Sogno.
"Miami" uscì nel 1982 e fa parte di quella sterminata schiera di dischi-capolavoro che gli anni '80 hanno regalato alla Storia.
Provo sincera pena per chi ricorda gli anni '80 per la musica di stramerda che volteggiava fuori da casse che a quei tempi evitavo con cura. Gli '80 sono stati invece il periodo forse qualitativamente più prolifico di capolavori dai tempi di Elvis e non farò alcuna fatica a dimostrarlo man mano che questo blog andrà avanti. Mal ne incolse a chi s'è sciroppato disco-dance all'italiana, interpreti improbabile con fofate fotoniche (il taglio di capelli che gli americani chiamano "mullet") e pop sintetico da supermercato; c'era molto di meglio da fare, fidatevi.





CARRY HOME

Come down to the willow garden
with me
come go with me
come go and see

Although I've howled across fields and my eyes
turned grey
are yours still the same?
are you still the same?

Carry Home
I have returned
through so many highways
and so many tears

Your letter never survived the heat of
my hand
my burning hand
my sweating hand

Your love never survived the heat of
my heart
my violent heart
in the dark

Carry Home
I have returned
through so many highways
and so many tears

Carry Home to where I am from
carry to the place that I have come
carry to the dust and flies behind me
carry to the cracks and caves on the face of me

Oh, but I didn't change, I just had to work
Yeah, but I didn't change, I just had to work
and now I'm home, and now I'm home
do you still want me?
Now, that I'm home




Che sia una canzone stupefacentemente bella, intensa e sanguinante è un dato di fatto; che a 27 anni di distanza non abbia perso nulla del suo fascino sgraziato e dolente è un altro dato di fatto. "Carry home" è un fulmine a ciel sereno che apre "Miami" esprimendo la poetica di Jeffrey Lee Pierce manifestando lo stato di grazia in cui l'ombroso menestrello di El Monte, un sobborgo di Los Angeles, si trova al momento dell'uscita del disco. Poesia di un hobo senza meta che non dimentica e torna chiedere "do you still want me, now that I'm home?". Ascoltarla oggi, ancora e ancora e ancora e chiedersi quanto grande può essere il cuore dell'America profonda. Meravigliosa.

LIKE CALLING UP THUNDER


You sent a Jack O'Lantern over to my house
to charm me from my kill
I've crosses far too much to bear
but, you said you will

now, you look away, look away
look away, and leave me alone

I'm calling up thunder
hands to the open sky
calling up thunder
to the wind and open sky

to help myself
to help myself
I'm calling up thunder
I'm calling up thunder

With the tears warm against your red dress
embedded in my brain
I see that we were alike
but, we were not the same

now, you look away, look away
and leave me all alone

I'm calling up thunder
hands to the open sky
I'm calling up thunder
to the wind and the open sky

to help myself
to help myself
I'm calling up thunder
I'm calling up thunder

The ghosts, they crawl on the floor
wondering at it all
I promised I would join them
but, the gesture was too small
now, I look away, look away
look away back to myself

I'm calling up thunder
hands to the open sky
I'm calling up thunder
to the wind and the open sky

to save myself
to save myself
I'm calling up thunder
I'm calling up thunder


Nella recensione delle ristampe pubblicata su "Blow up" Stefano Isidoro Bianchi cita, in relazione ai Gun Club, il termine "cowpunk", probabilmente cniato per spiegare la commistione tra country music e punk, attitudine più che scrittura riscontrabile nell'etica Gun Club. Premetto che termini come quello mi ispirano il taglio delle mani a coloro che hanno queste alzate d'ingegno, "Like calling up thunder" ha un incedere ed un riff tipicamente country contaminato da un suono che più che punk può essere ricondotto alla tradizione rock elettrica americana, già di per sè terreno nato contaminato. La voce di Jeffrey Lee è un marchio di garanzia che assicura malesseri in terre scoscese ed alcooliche, apparentemente stonata ma che ascoltata attentamente suona come l'unica voce credibile per rappresentare la fiera desolazione degli sconfitti in quell'universo capovolto chiamato America.


BROTHER AND SISTER

Why do you keep me
way underground?
My sight is dying
as was the sound.

Why do you paint me
and cover me with jewels?
Where are we going?
What are we going to do?

you used to say, you'd take me home

but, I keep falling to the sister
brother falls unto the sister
keep getting pushed further and further
away

The sins of me
they buzz and hiss in the trees
their little skeletons
will harm no one

Why do you always
bring them back to me
they're kingdom come
and earth will be done
on heaven and earth and me

you used to say, you'd take me home

but, I keep falling to the sister
brother falls unto the sister
keep getting pushed further and further
away

And who is that there
always beside you
when I count us together
together we are only two

I had a dream
and there was foxfire in your hair
I am your brother, your lover
I give you my blood
I will follow you anywhere

you used to say, but, you never know

but, I keep falling to the sister
brother falls unto the sister
keep getting pushed further and further
away

Il video qui sotto raccoglie i primi tre pezzi del disco ("Carry home", "Like calling up thunder" e "Brother and sister"), un trittico indimenticabile per chi mastica rock a stelle e strisce ma anche per chi oppone con forza le ragioni del cuore a quelle dell'apparenza. "Brother and sister" è un miracolo di equilibrio e forza, di dolcezza e rabbia, di sogno e incubo. Un blues ammaliante e deciso, da gustarsi a bicchiere pieno.




RUN THROUGH THE JUNGLE

Some are coming by passenger
Some coming on a freight
Others move by walking
But none have the time to wait
I get out of these waters
Before they start to rise
I never been no Christian
Don’t want to be baptized
I will run through the jungle,
I will run through the jungle,
I will run through the jungle,
And I won’t look back
As I kill my woman
She lay across the bed
She looks so ambitious
Took back everything I said
I will run through the jungle,
I will run through the jungle,
I will run through the jungle,
And I won’t look back
I will run through the jungle,
I will run through the jungle,
I will run through the jungle,
And I won’t look back

John Fogerty non ha il posto che merita nella rock'n roll hall of fame, per quanto i suoi estimatori siano in numero esageratamente superiore rispetto ad altre figure ben più mitizzate ma non per questo il contributo dei Creedence Clearwater Revival alla crescita della musica di radice americana non è stato fondamentale. Anzi, il numero dei gruppi e dei cantanti & cantautori debitori verso i CCR potrebbe riempire interi volumi. E sembra quasi naturale che i Gun Club rendano loro omaggio piazzando una cover in un loro disco. "Run through the jungle", nervosa, inquieta ed incalzante, sembra scritta apposta per loro. La resa è, manco a dirlo, perfetta.




A DEVIL IN THE WOODS

I may be
just like Bill
I'm up on the hill
and I can't get down

I cry because you don't know
I cry because you will never know

just how dark can an animal be?
how dark can an animal be?

Dark like darkness
dark like a devil out in the woods now

I saw the light
that just buzzed
I saw the light
but, my brain just buzzed

I cry because you never know
I cry because you will never know

just how black can an animal be?
how black can an animal be?

Dark like darkness
dark like a devil out in the woods now

Train
Train I ride
train I ride
ride on me
ride on me

Il bellissimo testo esemplifica in modo superbo la poetica di JLP, a volte i versi bastano a se stessi per comunicare senza mediazioni l'anima dell'artista. In particolare, "A devil in the woods" pur rientrando in maniera omogenea al mood di "Miami", spinge sull'accelleratore dell'intensità: Jeffrey Lee canta usando nel migliore dei modi il suo sgraziato ululare da coyote ferito creando paesaggi inquietanti che richiamano irrimediabilmente, ancora, alla "Bad America".

(nel video: "Run through the jungle" e "A devil in the woods")



TEXAS SERENADE

He's dead on the lawn
of the house that he owned
what will they say about him?

He had medals
he was in the war
what will they say about him?

He had folks in Houston
but, he moved out west
what will they say about him?

the Mexican neighbors
all the women stand crying
what will they say about him? about him?

always ask me, but I don't know anymore
always ask me, but I don't care anymore

He was the violent kind
he saved me once or twice
what should I say about it?

I tried so hard
but, I just said "Fuck it!"
and what should I say about him?

always ask me, but I don't know anymore
always ask me, but I don't care anymore

That he's dead on the lawn
that he's dead on the lawn

what will they say about him?
what will they say about him?
what will they say about him?

Please don't ask me
please don't ask me

Storia americana di reduci solitari, provincia americana, polvere e solitudine.
Una ballata che ancora mostra il fianco alla voce di Jeffrey Lee carica di dolore e a quella inquietante sensazione di essere nel pieno del cuore nero dell'America.
Il video contiene anche il pezzo successivo: "Watermelon man".





WATERMELON MAN

See the Watermelon Man ah' come
see the Watermelon Man ah' come
see the Watermelon Man ah' come
see the Watermelon Man ah' come

Haiyo! Haiyo yah!

See the man put on a smiley face
See the man put on a smiley face
See the man put on a smiley face
See the man put on a smiley face

Haiyo! Haiyo yah!

He no dead, he no dead he dea' yah!

See the Watermelon Man ah' come
See the Watermelon Man ah' come
See the Watermelon Man ah' come
See the Watermelon Man ah' come

See the man put on a smiley face
See the man put on a smiley face
See the man put on a smiley face
See the man put on a smiley face

Haiyo! Haiyo yah!

He no dead, he no dead he dea' yah!

Haiyo! Haiyo yah!


E la parte profonda della provincia sudista pullula di riferimenti al misticismo, non necessariamente "bianco". Un rituale voodoo con echi di danze tribali indiane in sottofondo. Liquori imbevibili e funghi passaporto per altre dimensioni, la notte si accende un fuoco attorno al quale non c'è orizzonte.
Ecco che arriva l'Uomo Cocomero.

BAD INDIAN

You blew me out of the south
and Texas too
I made love to California to get away from you

New York has made you, a hungry girl
now, you catch up with me at the end of the world

I don't believe you
What are you doing down here?
You need something in a shoe?
or are you just a Bad Indian?

Bad Indians
they love the land they hate
eat your flesh and then forget the taste

Someone describe, that primal drive
to consume what's theirs and seek what's mine

I don't believe them
and I don't believe you
I suspect everything you do
'cause you are like a Bad Indian

Bad Indian
Do your war dance!!

Now you're stripped
by the things you do
your ass is glass and I can see through you

Go find somebody
who ain't been so hard
give me an overdose of the drug that you are

You are like a ghost
with crazy hands and mouth
a necklace made of eyeballs
you are like a Bad Indian


Country music e blues sono due elementi imprescindibili per capire fino in fondo il rock'n roll, ma ancor di più per comprendere quanto il punk sia egli stesso una naturale evoluzione dei due pilastri portanti della musica americana. Qui i Gun Club si lanciano in un rutilante tributo punk alla tradizione americana per mezzo di tre classici: la "weeping song" (Bad indian), la "murder song" (John Hardy), ed la "devil song" (The fire of love); una contaminazione che troverà molti e qualificati imitatori, ai quali però manca la voce da lupo ululante e ferito di Jeffrey Lee Pierce. E basta ascoltare i tre pezzi per capire quanto pesi a livello di differenza.





JOHN HARDY

John Hardy was a vicious little man
he carried two guns every day
He shot down a man on the West Virginia line
I see John Hardy gettin' away, poor boy
see John Hardy gettin' away

John Hardy went up to that free stone bridge
where there, he thought he was free
a death to men, called nobody his own
siad, "Johnny come and go with me" poor boy
"Johnny come and go with me."

John Hardy had a pretty little wife back home
the dress that she wore was blue
she come to the jailhouse with a loud shout
said, "Johnny, I've been true to you", poor boy
"Johnny, I've been true to you."

she said,

John Hardy sent out to the East Coast
sent for his folks to come and go his bail
but, there was no bail allowed for the murderin' man
they sent John Hardy back to jail
sent John Hardy back to jail

Who's going to shoe your pretty little feet
who's gonna glove your hand
who's gonna kiss your rosy red cheek
it's gonna be that steel drivin' man
be that steel drivin' man

she said,

Now he's sittin' alone there in his cell
tears rolling down his eyes
he's been the death of many, a poor man
now, he is ready to die, poor boy,
now he is ready to die

Sigin' "I've been to the east, I've been to the west"
"I've seen this whole wide world around"
"I've been to the river and I've been baptized"
"Take me to my hanging in the ground"
"Take me to my hanging in the ground"

she said


THE FIRE OF LOVE

The fire of love is burning deep
The fire of love won't let me sleep
Oh my love, hear this my plea
Because of you, it's burning me

The sun beats down with its fiery glow
Knows I won't see my love no more
I'm sorry for the things I've done
Forgive me dear, my only one

My baby's back, once more she's mine
To have and hold till end of time
The moon shines down from up above
Its light to cool the fire of love

The fire of love
The fire of love
(fade)


SLEEPING IN BLOOD CITY

I'll take you sleeping up the street
I'll take you very softly
I'll take under the parking light
I'll hold you very softly

Just like a soul, your face will shine
even though your mind's been blown
was the type of love, a much better kind
when you were on your own?

You are taken, going down,
way down to Blood City
you are taken, going down,
through the bloody red eyes of Blood City

Look above you for the sky is black
and the asphalt is blue
throw yourself right down on your back
and look at me for what to do

I don't take what is given to me
I just take it from the land
was the type of love a much better kind
when you were with another man?

You are taken, going down
right down to Blood City
you are taken, going down,
through the bloody red eyes of Blood City

I'll take you sleeping up the street
I'll take you very softly
I'll take you under the parking lights
and hold you so softly

just like a soul, your face will shine
even though your mind's been blown
was the type of love, a much better kind
WHEN YOU WERE ON YOUR OWN??!!!

You are taken, going down
right down to Blood City
you are taken, going down
through the bloody red eyes of BLOOD CITY!


Ancora una contry-punk ballad, intrisa di dolore e rabbia.
Tra i battiti secchi e minimali della sezione ritmica e la chitarra nevrotica come la voce di Jeffrey Lee questo altro piccolo gioiello da cavalcata nelle sterminate highways del sud, di notte, andando verso chissà dove dopo aver appena lasciato la propria donna.





MOTHER OF EARTH


I've gone down the river of sadness
I've gone down the river of pain
in the dark, under the wires.
I hear them call my name

I gave you the key to the highway
and the key to my motel door
and I'm tired of leaving and leaving
so, I won't come back no more

Oh, my dark-eyed friend
I'm recalling you again
soft voices that speak nothing
speak nothing to the end

Oh, Mother of Earth
the blind they call
but, yet stay behind the wall
their sadness grows like weeds
upon my thighs and knees

Oh, Mother of Earth
the wind is hot
I tried my best, but I could not
and my eyes fade from me
in this open country

L'album si conclude con una southern ballad dilatata ed accattivante, come se la tempesta nel cuore di JLP abbia avuto una pausa; nonostante "Mother of earth" sia un bellissimo pezzo la tempesta è tutt'altro che placata. Di lì a poco "The Las Vegas story" sarà l'inconfutabile conferma.





Un disco di cupa e disperata bellezza, intenso coinvolgente, avvolgente e cattivo.
Lo sguardo oscuro dell'America di Steinbeck, del whisky contraffatto, dei nativi chiusi nelle riserve, dei coyote e dei figli di nessuno. La Bad America che è un puzzle imprescindibile dell'immaginario sognatore dei vagabondi erranti di tutto il globo.
Disco da avere, da ascoltare più volte di fila, da amare.

Jeffrey Lee Pierce è morto per una emorragia cerebrale il 31 marzo 1996.

sabato 28 novembre 2009

DEVO - DUTY NOW FOR THE FUTURE


Oppure



Il problema di quando fai un disco d'esordio che si assesta da subito tra gli oggetti di culto della critica e del pubblico dal palato più fine è fare il secondo.
Frase ovvia, scontata, banale quanto volete ma mettetvi nei panni dei Devo dopo l'uscita di "Q: Are we not men? A: We are Devo!", il loro indiscusso ed indiscutibile capolavoro uscito nel 1978 e che ha praticamente sterzato tutta una folta rappresentanza di musicofili negli anfratti più bui dell'alienazione e della paranoia dissociativa e di fatto dando il via al post-punk.
L'impressione lasciata dal gruppo di Akron, Ohio, era quella di un cartone animato schizoide degli anni '50 ambientato nel futuro; un futuro sporco, pieno di rifiuti del falso benessere industriale, malato, alienato, spersonalizzato.




Il tratto con cui i Devo disegnarono l'uomo de-evoluto che si può ammirare in "Mongoloid" o in "Jocko Homo", l'ansia inarrestabile di "Gut feeling" e "Uncontrollable urge" o il vortice schizofrenico di "Too much paranoias" o dell'incredibile versione di "Satisfaction" non lasciavano spazio a dubbi: ci aspetta un futuro terribile.
E ci hanno preso, come pochi direi.
Pensare che all'uscita di quel disco il cyberpunk, per dire, non era stato neanche pensato. Eppure la summa di ".....We are Devo!" era più o meno questa: stiamo diventando patate.
A 30 anni dall'uscita di quel disco possiamo solo confermare. Ma questo non è un post sul primo disco dei Devo, bensì sul secondo.
Alcuni pezzi di "Duty now for the future" erano semplicemente rimasti fuori dalla tracklist del primo, almeno questo suppongo dato che nel bellissimo bootleg "The men who makes the music" alcuni pezzi sono interpretati in versioni pre- "Are we not men?" e privi della produzione di Brian Eno che non mancò di metter mano anche sull'esordio della band attirandosi gli strali di chi aveva ascoltato i primi 45 giri della band, decisamente più abrasivi e deliranti.
Dietro al banco di regia stavolta c'è Ken Scott, uno che era dietro al banco quando sono stati registrati disci come "Magical mystery tour" e il "White album" dei Beatles" o "Hunky Dory", "Ziggy Stardust" e "Aladdin sane " di David Bowie, robetta da nulla insomma.

Primo dato rassicurante: l'accoglienza al disco è tiepidina.
Non vorrei innescare polemiche inutili ma, specialmente per quanto riguarda le testate storiche che trattano o trattavano di musica (vedi Rolling Stone, New Musical Express, Melody Maker, Spin, Creem e simili) i personalismi e gli asti di quasi tutta la critica musicale non ha provocato danni irreversibili solo perchè il pubblico che ama il rock è infinitamente più competente di questi pennivendoli, di cui almeno per il 95% è composta la casta dei cantori delle gesta dei nostri eroi schitarranti. E, intendiamoci, l'Italia non fa eccezione; ma avrò modo di approfondire.

Opinione prettamente personale, "Duty now for the future" non sfigura affatto col predecessore.
Anzi, in alcuni aspetti gli è addirittura superiore.
Il suono torna crudo e graffiato (non graffiante) come nelle prime produzioni, le coordinate emozionali entrano fin dal primo pezzo in un vortice di destrutturazione psicologica perchè il gioco di sbattere in faccia all'ascoltatore la perdita della propria umanità grazie al ritmo sempre più veloce imposto dal sistema qua diventa aperto sberleffo, come se il gruppo guardasse un esemplare di uomo del XXI secolo chiuso in una teca di vetro e che si comporta come un criceto impegnato nella corsa sulla sua ruotina.
Akron è una città dove hanno sede le due più grandi marche di pneumatici del mondo: la Firestone e la Goodyear. Dicono che là il cielo sia sempre grigio. Dicono che i tempi scanditi da questi due bisonti della produzione capitalista siano quelli che danno la scansione della vita dell'intero stato dell'Ohio. Mi sa che esagerano. Però l'atmosfera plumbea di una civiltà che tanto ha corso per ritrovarsi a necessitare di uomini-robot per perpetrare il profitto di pochi oligarchi sotto un cielo malato è argomento che ora, 30 dopo, l'umanità sta affrontando con toni piuttosto allarmati, anche se mai abbastanza. Quando invece il tema della qualità della vita dell'individuo che attraverso il suo lavoro permette di produrre beni sarà sul banco delle discussioni dei grandi della terra temo sarà ormai passato un altro millennio.

D'altra parte difficile essere ottimisti guardando il mondo da una nazione che, tanto per dimostrare la sua sensibilità al tema, si fa governare da un industrialotto brianzolo che senza mafiosi, fascisti eversivi e una parte di popolo ben lobotomizzata sarebbe a vendere accendini sul lungomare di Mondragone.

Ma torniamo ai nostri finti androidi in tuta gialla; in "Duty now for the future" l'ossessione, la compulsione di istinti indotti, la disumanizzazione e l'assuefazione sono raffigurati e rappresentati toccando livelli parossistici: solo i Suicide avevano osato tanto. Ma se nel gruppo di Alan Vega e Martin Rev il tema era subordinato ai substrati metropolitani dei sobborghi newyorkesi o almeno da quell'ambientazione era partito, il punto che i Devo vanno a picconare è quello del Sistema.





Questa può fare da colonna sonora tanto al manager cocainomane quanto alla casalinga imbottita di Prozac o di Zoloft (gli attuali mother's little helpers), alla precaria del call-center o all'universitario in crisi di identità.
E' la colonna sonora del primo decennio degli anni 2000. Perfetta e non perfettibile.
Ecco il perchè:

DEVO CORPORATE ANTHEM:
L'inno. Quello da seguire mano sul petto, per intenderci. Solenne e marziale. Identitario. Sottomissorio. Quello a cui stringersi sotto la guida di coloro che decidono. In piedi, perdio.





CLOCKOUT

I got my coat
I got my keys
I got my head down to my lungs
And move my feet
Me, I got all the secretaries
Down on their knees
Look at 'em scoot
They gonna clockout

I got my money
Tied up in stock
I got my mammy
Take my doggie for a walk
Me, I got the biggest little business
Down on the block
Get ready, get set
Cause we gonna clockout

Down on all fours
Cause we gonna, we gonna
We gonna, we gonna clockout
Take my advice
Hear my decree
I'm afraid the future's gonna be
Maintenance free
I got the big brush for your bowl
Baby, can't you dig my plea
Gonna gag
Unless we clockout

No, no, no


La vocina da psicopatico di Mark Mothersbaugh é qualcosa di più di un marchio di fabbrica. Eppure è placidamente rassicurante: c'è sempre qualcuno più pazzo di me, viene da dire non appena la si sente squittire. "Clockout è un rock irregolare e cybervintage (meglio ricorrere agli ossimori quando le barriere del tempo danno fastidio), una danza disarticolata da giovane dissociato, chiuso nella sua camera mentre escogita qualche nuovo metodo per realizzare un perfetto genocidio di massa. Noterete le frasi compiutamente ed inesorabilmente rock 'n roll, semplici ed efficaci, ma che rimangono sottotraccia perchè l'atmosfera generale del pezzo è l'asse dominante e cattura ogni senso prima che ci si decida a contemplarne la struttura.




TIMING X

Alla RAI deve esserci qualcuno che la sa lunga. Questo pezzo è un perfetto interludio per androidi, non a caso veniva usato come sigla in non ricordo quale programma, o come intermezzo o non ricordo cosa cazzaltro fosse. Brevissimo, diretto, futuribile.

WIGGLY WORLD

They say the fittest shall survive
Yet the unfit may live
Let 'em wear gaudy colors
Or avoid display
Hey it don't matter
It's all the same

So I do this and I do that
So I do this and I do that
So I do this and I do that

It's never straight up and down
It's never straight up and down
It's never straight up and down
It's never straight up and down

Oh you got a nickel
I got a dime
I'd like to get to know you
But I haven't got the time
You gotta walk like a mannequin
Roll like a tire
Act on reaction
Dodge the big spud fryer
So wiggle on the bottom
Wiggle on the top
Wiggle up the middle
And laugh a lot
Cause I've been living in a wiggly world
Wiggly world, a wiggly world
I got to tell you
I've been living in a wiggly world now
Wiggly world, a wiggly world
Well I've been living in a wiggly world
Wiggly world, a wiggly wor/d
I got to tell you
I've been living in a wiggly world
WiggIy world, a wiggly world

Wiggle, wiggle, wiggle
Wiggle, wiggle, wiggle
Wiggle, wiggle, wiggle
Yeah I've been living in a wiggly world
Wiggly world
Oh I've been living in a wiggly world
Wiggly world
Well I've been living in a wiggly world
Wiggly world
Well I've been living in a wiggly world
Wiggly world
Well I've been living in a wiggly world
Wiggly world
Well I've been Iiving
In a wiggly world now
Wiggly world
Well I've been living in a wiggly world
wiggly world
Oh, I've been living in a wiggly
Wiggly world

Ecco il primo gioiello del disco.
Nervoso, alienato, la voce di Mark Mothersbaugh nel suo massimo fulgore espressivo cioè completamente disumanizzata; un pezzo sulla perdita di capacità di comunicare esemplarmente rappresentato dai continui cambi di tempo, dall'atmosfera straniante e dai guizzi chitarristici nient'affatto rassicuranti. Alla fine del pezzo la sensazione di essere usciti da un turno di 16 ore in fabbrica accanto ad un pazzo è molto più che una sensazione.




BLOCKHEAD

Never leaves a gap unfilled
Always pays on time
Always fits the bill
He comes well prepared

Cube top, squared-off
Eight corners, 90 degree angles
Flat top, stares straight ahead
Stock parts, blockhead

Never tips over
Stands up on his own
He is a blockhead
Thinking man full grown
He comes well prepared

Cube top, squared-off
Eight corners, 90 degree angles
Flat top, stares straight ahead
Snake eyes, blockhead

Flat top, stares straight ahead
Stock parts, blockhead

Never tips over
Stands up on his own
He is a blockhead
Thinking man full grown
He comes well prepared

Cube top (Blockhead)
Squared-off (Blockhead)
Eight comers (Blockhead)
90 degree angles
Flat top (Blockhead)
Stares straight ahead (Blockhead)
Snake eyes (Blockhead)

Blockhead (Blockhead)
Cube top (Blockhead)
Squared-off (Blockhead)
Eight corners (Blockhead)
90 degree angles
Flat top (Blockhead)
Stares straight ahead (Blockhead)
Stock parts (Blockhead)
Blockhead (Blockhead)

Atmosfera più cupa, basso pulsante ed una linea di synth accompagnano la voce infantile di Gerald Casale. L'efficente trotterellare di umani e macchine si spenge, l'angoscia inizia a montare, ma il blockhead del titolo è condannato, nessun dubbio su questo.

(Il video è una versione dal vivo, l'audio non è eccezionale ma passabile)






STRANGE PURSUIT

Intersecting love lines
Drew us closer every day
Always kept your distance
When you felt my presence near you
love keeps on rolling over

Fly in retreat
I would follow without shame
A stupid spud staggering to the flame
To be had and rehad
Be a victim of the pain
Now it's strange, it's so strange
it's a strange pursuit
it's a strange pursuit
it's a strange pursuit

I come running like a fatboy
In lead shoes
But like a fatboy
Huff puffing after you
It's hopeless to hope for
The one thing that I'm wanting
'Cause it's strange
It's so very strange

It's a strange pursuit
Darling, I'm dazzled
But you know I'm too Frazzled
It's a strange pursuit
Makin' my mind up
While it lies in little pieces
It's a strange pursuit

You know it's getting tough
When you're getting real rough
It's a strange pursuit
Darling, I'm dazzled
But you know I'm too frazzled
It's a strange pursuit
Makin' my mind up
While it lies in little pieces
It s a strange pursuit

Avrebbero potuto stupire con effetti speciali, ma a toccare il fondo ci si arriva sempre per gradi.
"Strange pursuit" è la cima del vortice, il punto di non ritorno della perdita di contatto con la realtà, con l'umanità, con il mondo. Pezzo carico e tecnologicamente rappresentativo di quella fine anni '70 in cui c'era chi non sapeva ancora bene dove stavamo andando e c'era invece chi aveva capito anche troppo. Anzi, il futuro era già cominciato sotto gli occhi di tutti, muti, ciechi, sordi ed invisibili.

(la versione del video è una demo contenuta in "Recombo DNA", una raccolta di demo del primo periodo)



S.I.B. (SWELLING ITCHING BRAIN)

Gotta nervous kind of feeling
Gotta painful yellow headache
Every picture in every magazine's
Come real
Every face looks out
And screams at me too real

Cold sweat on my collar
Dripping to my boots
The waves of nauseous pain
Sets off the pressure pad alarms
Gotta get outta here
Gotta get outta here
Gotta get outta here
Gona get outta here

Gotta painful swelling brain
Banging in my head
Gotta painful swelling brain
And I called off sick
Gotta swelling itching pain
Got me pulling out my hair
Gotta swelling itching pain
Clutching at my brain

Gotta painful swelling brain
In the back of my head
Gotta painful swelling brain
And I called off sick

Gotta swelling itching pain
Got me pulling out my hair
Gotta swelling itching pain
Clutching at my brain

Gotta painful swelling brain
Got me laying in the floor
Gotta painful swelling brain
Think I left my senses
Gotta swelling itching pain
Seems like endless torture
Gotta swelling itching pain
Banging in my head

Gotta painful swelling brain
In the back of my head
Gotta painful swelling brain
And I called off sick

Gotta painful swelling brain
Got me pulling out my hair
Gotta painful swelling brain
Clutching at my brain
Gotta painful swelling brain
Painful swelling brain
Driving me up the wall
Gotta painful swelling brain
Painful swelling brain
Gripping at my eyes
Ears, nose and mouth
Gotta painful swelling brain
Painful swelling brain
It's bloating my thoughts
Gotta painful swelling brain
Painful swelling brain
Leaves me holding the front door now

Gotta swelling itching pain
Swelling itching pain
Clutching at my brain
Gotta painful swelling brain
Painful swelling brain
Got me lying on the floor
Gotta painful swelling brain
Painful swelling brain
Painful swelling brain
Going out of my skull
Gotta painful swelling brain
Painful swelling brain
Painful swelling brain
Burning up my thoughts
Gotta painful swelling brain
Painful swelling brain

Painful swelling brain
Gripping at my eyes
Ears, nose and mouth
Gotta painful swelling brain
Painful swelling brain
Painful swelling brain
Tearing me apart


La discesa è compiuta.
La conclusione del lato A coincide con l'apice dell'ossessione e della paranoia, come il testo esplica benissimo. Qui è il synth a dettare legge, incalzante e martellante, insieme alla voce di Mark Mothersbaugh, priva di qualsiasi afflato di umanità.

(La versione video è di un concerto del 1980 qui seguita da "Tunnel of life" eseguita dall'alter-ego di Mark, Boojie Boy, il pupazzo androide devoluto.)






TRIUMPH OF THE WILL

It was a thing I had to do
It was a message from below
It was a messy situation
It was desire for a girl

I'm not a wanker or a banker
I'm not afraid to take a risk
It is the thing females ask for
When they convey the opposite
* Before I die
Before I die
Before I die
I'll get another piece of pie
I'll get another piece of pie
I'll get another piece of pie
If I have to lie

It was a thing I had to do
It was a message from below
It was a messy situation
It was a triumph of the will
( * Repeat)

When the well cries out for water
It is a need that must be filled
It goes beyond the laws of nature
It takes a triumph of the will

C'è una componente cartoon-epica nei Devo, un frullato di immagini che vanno dal dopobomba a Jayne Mansfield, dalle cucine americane degli anni '50 ai rifiuti tossici ed alle scorie nucleari, un pò Simpsons un pò Philip K. Dick, con Betty Page che balla incurante dei funzionari fluorescenti del Governo Mondiale che intonano questo anthemico pezzo esemplificativo della inquietante epica devoluta.


THE DAY MY BABY GAVE ME A SURPRIZE

Got a surprize from my honey
Got a message from my girl
When she picked up a pen
From beside her bed
And wrote me a scribbled note

Said she'd be comin' back to see me
That she would be visiting real soon
Gonna get up from her long white bed
And leave this cold white room

We would once more live together
Go out on a loving spree
Just like before the accident
My baby would look at me
** I saw her sweet face trembling
As she tried to open her eyes
I jumped with the joy of a grateful boy
The day my baby gave me a surprize

Credo fosse il pezzo trainante del disco; uno strampalato clip elettronico virato in pop song affascinante ed inquietante al tempo stesso. Se poi si segue quanto dice il testo allora..........
(la versione è ancora una demo da "Recombo DNA")







PINK PUSSYCAT

Pink pussycat
Where are you
Pink pussycat
I'm looking for you
Pink pussycat
Meow. meow. meow

Pink pussycat
Pink pussycat
Pink pussycat
Where you hiding puss
Pink pussycat
I'm coming after you
Pink pussycat
I'm gonna make you meow-meow
Pink pussycat
I see you in the car now
Pink pussycat
I've got you in the backseat
Pink pussycat
I wanna touch your fur now
Pink pussycat
I'm gonna make you dance now
Pink pussycat
I'm gonna stand your fur on end

Pink pussycat
Pink pussycat
Pink pussycat
Where you hiding puss
Pink pussycat
I'm gonna catch You
Pink pussycat
Meow, meow. meow

Pink pussycat
I'll sleep beside you
Pink pussycat
I'll lick you clean
Pink pussycat
I'm gonna mess you up
Pink pussycat
I'm a dog
Pink pussycat
Bow wow wow
Pink pussycat
I'm gonna chase you
Pink pussycat
I'm gonna catch you
Pink pussycat
I'm gonna bite you
Pink pussycat

I'll tear your little ears off
Pink pussycat
Meow, meow, meow


Pink pussycat (Repeat)
I'm so stroft (Repeat)

Rock sintetico e schizofrenico, perfettamente calzante quando si vogliono identificare i Devo musicalmente più deragliati, quelli che hanno la capacità di toccare i nostri punti che farebbero la felicità di ogni psichiatra. Molto efficaci le riprese ad ogni fine verso e l'incipit finale, un altro gioiello di questo disco.

(Il video è un estratto da un concerto del 1978)





SECRET AGENT MAN

You know I live a life of danger
For the FBI
Keeping tabs on our nation
On the land, on the sea, in the sky
But every single night
Before I go to bed
I get down on my knees
And thank God
I'm a secret agent man
* Secret agent man
Secret agent man
They've given me a number
But they've taken 'way my name
I got one hell of a job to perform
For the U. S. of A.
Got the responsibility
Of our nation's top security
But every night and day
I salute the flag and say
Thank you Jesus
Cause I'm, I'm a secret agent man
( * Repeat)

You know they got me doin' this
Doin' that
And a little bit of something else
Fighting cavities of evil
Safe-guarding America's health
But not an afternoon pass
I don't get up off my ass
Thank you God
Cause I'm, I'm a secret agent man
( * Repeat 2 times)

Cause I'm a secret agent man

Un vecchio hit di Johnny Rivers (Steve Barri e P.F. Sloan gli autori)debitamente devoluto anche se non ai livelli della "Satisfaction" rollingstoniana; forse il pezzo più canonico del disco ma non per questo il meno interessante. La pericolosa vita di un agente segreto dipinta coi colori plumbei della decadenza post-industriale.

(Il video è la versione tratta dal film "The truth about de-evolution, abbastanza differente da quella contenuta sul disco))



SMART PATROL/Mr. DNA

He's been with the world
I'm tired of the soup du jour
He's been with the world
I went to end this prophylactic tour
Afraid that no one around me
Understands my potato
Think I'm only a spudboy
Looking for a real tomato

He's been with the world
I'm tired of the soup du jour
He's been with the world
I want to end this prophylactic tour
Afraid nobody around here
Understands my potato
I think I'm only a spudboy
Looking for a real tomato

He's been with the world
And I'm tired of the soup du jour
He's been with the world
I want to end this prophylactic tour
Afraid nobody around here
Comprehends my potato
Guess I'm just a spudboy
Looking for that real tomato

* The smart patrol, nowhere to go
Suburban robots that monitor reality
Common stock, we work around the clock
We shove the poles in the holes

( * Repeat 2 times)
Shove it

( * Repeat)

Wait a minute, something's wrong
He's the man from the past
He's here to do us a favor
A little human sacrifice
It's just supply and demand

* * Mr. Kamikaze, Mr. DNA
He's an altruistic pervert
Mr.DNA, Mr. Kamikaze
Here to spread some (genes now)

( ** Repeat 2 times)

Wait a minute, something's wrong
He's a man with a plan
His finger's pointed at Devo
Now we must sacrifice ourselves
That many others may live
OK, we've got a lot to give

( ** Repeat 3 times)

One, two, three, four!


L'apice del disco.
Pezzo in due movimenti (come da titolo) dei quali il primo è una incisiva marcia devoide coinvolgente e futuribile, con un sapiente intermezzo di chitarra ed un refrain che entra con una certa facilità in testa, poi parte Mr. DNA e la velocità aumenta, la tensione aumenta, la canzone decolla e ci si ritrova a ballare e muoversi, disarticolati, mongoloidi e felici.



RED EYE

Let me tell you a story
Let me shovel some dirt
Long time, no sugar
And it s starting to hurt

* * Something's flattened my cola
Something's wrong with my brew
Something's rotten in Idaho
And I don't know what to do

* Gone, gone, gone
With the red eye distress
Gona, gone, gone
On the Red Express

( * Repeat 3 times)

Only go around once
Gotta quench that thirst
Gotta grab that gusto
Gotta get there first

( ** Repeat)
( * Repeat 8 times)

Red Eye Express (Repeat)


Chiude l'album questa cavalcata sintetica ed ossessiva di gran presa ed ottima resa, sintomatica del mondo disumanizzato e malato di scorie di modernità sul quale i Devo nei primi due lavori hanno puntato il dito. Ma è l'intero ascolto dell'album, anche ora a 30 anni di distanza dalla sua uscita, ad andare a toccare le malattie dell'anima indotte dal nostro sistema di falso benessere, di grottesca ostentazione di stupidità, di allontanamento dall'Uomo.
Dai sintomi i Devo hanno estratto i germi, li hanno sbattuti in faccia al pubblico e ne hanno fatto un teatro dell'orrore futuro.
Che puntualmente si è realizzato.



giovedì 26 novembre 2009

WIPERS - YOUTH OF AMERICA


Se ci mettiamo a contare quanti belli & perdenti hanno fatto irruzione nel pianeta rock sfoderando dischi eccellenti quando non eccezionali ma che hanno avuto un riscontro di pubblico medio o mediocre potremmo andare avanti per settimane o mesi; lo stesso mercato indipendente soggiace a regole di mercato che, sebbene più elastiche di quelle contemplate dalle majors, sono ugualmente votate ad un margine di profitto minimo visto che specialmente in questi contesti si viaggia sul filo del guadagno zero.
Tuttavia quando ci si trova davanti a prodotti di qualità decisamente superiore alla media anche il solo sforzo di dare alle stampe un'opera che, senza l'adeguata promozione di radio, tv e concerti rimarrà una piccola gemma sconosciuta, è da considerarsi meritorio e degno di ogni sostegno.
Naturalmente il coraggio dell'industria discografica italiana è stato negli anni duramente messo alla prova dalle travagliate vicende delle aziende che si occupavano di distribuzione e promozione, strette tra costi sempre più alti e spazi in cui offrire musica soggetti alle lune di troppe componenti (anche politiche) e, come puntualmente succede in Italia, troppe teste di cazzo.
Ma si resiste a tutto.
E quindi anche dischi come quello dei Wipers, in tempi nei quali internet era ancora un'ipotesi, arrivavano negli scaffali dei negozi di dischi. Magari una copia, magari aspettando due settimane o più facendolo ordinare dal negoziante, magari prestato e registrato in cassetta, il metodo antesignano del P2P.
"Youth of America" esce nel 1981, quindi nel momento in cui la prima ondata del punk è finita e sta riassettandosi in vista dell'irruzione del ciclone hardcore e delle etichette che ne segneranno il cammino e che apriranno a loro volta spazi per ulteriori insospettabili contaminanazioni.
E' la seconda prova sulla lunga distanza della band di Portland, Oregon.
La prima, "Is this real?", non aveva fatto granchè rumore sebbene la scrittura talentuosa del leader Greg Sage aveva già partorito qualche gioiello che avrebbe avuto giustizia molti anni più tardi: "Return of the rat", ma soprattutto "D-7" entreranno a far parte del repertorio di una band di Seattle che grazie alla cover di "D-7" riporteranno sotto i riflettori degli appassionati il nome Wipers permettendo almeno a due generazioni di scoprire o riscoprire una band capace di dare una rinfrescata ai canoni punk grazie ad una vena oscura e dilatata, quasi drammatica, che in "Youth of America" raggiunge il suo apice espressivo.
Il gruppo che ha ri-sdoganato i Wipers erano i Nirvana.
Non a caso tutta la scena che alla fine degli anni '80 e nei primi '90 si accentra sull'onda di Seattle manifesterà adeguata reverenza e devota stima al gruppo di Greg Sage, del quale si possono comunque sentire echi e richiami neanche tanto accennati nel marchio che i Nirvana hanno apposto al rock di quella stagione segnandolo indelebilmente.
Il destino di gruppi come i Wipers è quello di essere pionieri di un suono nuovo e di un'attitudine nuova nel proporre rock duro e sporco senza avere l'adeguato riconoscimento e ritrovarsi idolatrati da una schiera di musicisti di successo dieci anni dopo, il che può essere anche gratificante se si accetta il fatto di sbattersi a vuoto magari con una manciata di meravigliose canzoni su palchi traballanti per anni e anni e anni, un manipolo di pochi irriducibili fans e sforzi immani per trovare qualcuno che ti distribuisca il disco.
I bellissimi perdenti del rock hanno un'epica tutta particolare fatta di grande passione, speranza e disillusione, talento scintillante e crolli psicologici repentini e spesso senza ritorno.
I Wipers avrebbero potuto suonare davanti ad una folla da stadio se fossero usciti nel periodo in cui i Nirvana furoreggiavano, ma se i Wipers non avessero fatto quei dieci anni di gavetta i Nirvana, forse, non sarebbero manco esistiti.
C'è un qualcosa di bellissimo e terribile che queste storie insegnano: tracciare il solco non sempre significa goderne i risultati; più facile è che sia qualcuno che arriva dopo e che, usando e sfruttando il proprio talento, grazie a quel solco riesca a creare la cosa giusta al momento giusto.
I Nirvana sono stati onestissimi nel riconoscere questa regola non scritta che non si applica al solo rock 'n roll ma, mi verrebbe da dire, in ogni campo dell'attività umana: hanno ridato visibilità e dignità (e fatto conoscere anche ai meno attenti) gruppi come Meat Puppets e Vaselines, hanno spinto gli inquietanti Melvins, hanno ripreso covers di gruppi sotterrati dal tempo come i Wipers e ridato linfa a canzoni passate nel dimenticatoio, si pensi alla "The man who sold the world" di David Bowie che non era mai comparsa in nessuna compilation del Duca Bianco e che ora è uno dei suoi pezzi più amati dalle ultime generazioni.
"Youth of America" alla sua uscita non passa inosservato ma quasi.
Ha una caratteristica un pò irritante per i puristi del punk: i pezzi sono dannatamente lunghi per un disco punk, che in definitiva punk non è, non rientrando quindi nei canoni di chi grazie al punk ha riscoperto la gioia dei capolavori da tre accordi - onetwothreefour - e del minimalismo estremo nella durata delle canzoni dopo anni di abbuffate di suites, concept, pezzi che duravano una facciata intera di LP e così via.
Per dirla tutta la title track dura 10 minuti e coda, "When it's over" supera i 6 minuti, l'LP ha in tutto 6 pezzi di cui due nella prima facciata; l'album è di una intensità e di una carica drammatica annichilente, col senno di poi viene in mente la rassegnata disperazione dell'ultimo Kurt Cobain, specialmente nel pezzo finale "When it's over", ma è in tutto il disco che si respira un'aria cupa, inquieta ed inquietante, un urlo intimista a mascelle serrate, dipinto con ogni tonalità di grigio e nero, così come nero è lo sfondo dal quale i tre musicisti occhieggiano dalla copertina.
Sei pezzi, sei drama of youth, sei bellissime canzoni deviate dal punk per ricongiungersi a quello che sarà il nuovo solco dove il rock innescherà la prossima bomba ad orologeria.






NO FAIR

Out of the shadows...blistering lights... Through the hallways of a sleepless night... Every time I turn around, it's there... Take a piece of our lives, didn't think we'd care? Take away...the chore... Take all of that, and more... And now we're crying... It's no fair... Through the shadows, blistering lights As the dreams of your darkness died Every time I turn around you're there... Take a piece of our lives, didn't think that we would care... Now it's, no it's no fair, no fair, no fair, no fair... Take a piece Of our lives!? Didn't think that we would care? Now it's, no it's no fair, no fair, no fair, no fair...

Dal primo solco si capisce che ci stiamo addentrando in territori oscuri; un intro carico di tinte assimilabili ad un tramonto, poi l'urlo.... "It's not fair!" e si parte con un rock sporco ed emozionante, basso incalzante al limite della distorsione, poi quel bridge di chitarra........stupendo, assolutamente stupendo. La produzione ha lasciato tutta la sporcizia del suono Wipers lasciando il giusto risalto ai tocchi ritmati di tastiera che danno al pezzo la necessaria scintilla di disillusione grazie alla quale non stupitevi se, alla fine di questa canzone, strani pensieri cominceranno ad agitarsi nella vostra mente.





YOUTH OF AMERICA

Youth of america
Is living in the jungle
Fighting for survival with the wrong place to go
Youth of america
There's pressure all around
The walls are coming down the walls are crumbling down on you

It is time we rectify this now
We've got to feel it now
Got to feel it now, now, now...
Whoa!

They attack you from the right side
Down the left side
Down the middle 'til you don't know who you are

Stick around because it don't really matter
They'll try to put you 6 feet under the ground

It is time we rectify this now
We've got to heal it now
Got to heal it now, now, now...
Whoa!

It is time we rectify this now
We've got to save it now
Got to save it now, now, now...
Whoa!

(Whisper)
The rich get richer and the poorer get poorer get poorer...
Now there's no place left to go...
Got to get off this rot...
You don't wanna be born here again?
I don't wanna be born here again...
Man, this just ain't no existence...
Beware of those guys in disguise...
We're living in the jungle, fighting for survival
Can't wait much longer, hurry...

Ahhhhhhhhhhh.....
Take the risk...
Let it expand your imagination...
Take it...
We have no place left...
No place left
No place left
No place left to go
Ahhhhhhhhhhh...

They attack you from the right side
Down the left side
Down the middle 'til you don't know who you are

Stick around because it don't really matter
They'll try to put you 6 feet under the ground...

It is time we rectify this now
We've got to feel it now
Got to feel it now, now, now
Whoa!

Youth of america
Youth, youth, youth, youth, youth, youth, youth, youth

Youth of america
Youth, youth, youth, youth, youth, you, you, you...


Greg Sage non è un poeta, ma è molto, molto, incazzato.
"Youth of America" parla dello strame che le società dominanti fanno dei sogni di chi vorrebbe un mondo migliore; niente di nuovo quindi. Non indica vie, ma incita a ribellarsi in qualche modo, fosse anche il proprio di ognuno di noi, perchè così non va, perché "provano a metterti sei piedi sotto terra", ad uccidere te, i tuoi sogni, la tua vita. Il pezzo segue l'atmosfera che permea praticamente tutto l'album, tra sprazzi di effetti chitarristici che segnano di angoscia e ricerca di risposte: un pezzo memorabile. Coverizzato da Melvins e Mission of Burma, un gioiello di rara bellezza e di rara intensità:





TAKING TOO LONG

Didn't realize the sign
Because it was a sign of the times
What was coming from the sky?
You never, ever change your mind

'Cause it's taking so long

Didn't realize the crime
Thought you had it mastermind
What you seek is what you find
There's no one else because you're blind

And it's taking so long
It's taking so long
It's taking so long
It's taking so long
It's taking so long
It's taking, taking, taking!

Didn't realize the time
What is really on top of your mind?
When they're coming from the sky
You never, ever change your mind

And it's taking so long
It's taking so long
It's taking so long
It's taking so long
It's taking so long
It's taking
Taking
Taking
Taking
Taking
Taking
Taking
Taking
So long...

In realtà pensavo che questo fosse il Lato 1 quando comprai il disco. Mi è successo con dischi ancor più famosi, vedi "Closer" dei Joy Division che ho religiosamente continuato ad ascoltare iniziando da "Heart and soul" per anni ed anni finchè non è uscita la versione in CD che mi ha svelato la dura verità. Poco male, sarebbe comunque stato un bell'inizio perché tanto per cambiare "Taking too long" è veramente una bella canzone in linea con l'LP, tinte fosche e ritmo sostenuto tanto che sembra presa di pesa dal repertorio dei Nirvana se non fosse che è stata scritta quasi una decina d'anni prima. Mi arriva sparata in testa quando vedo che qualcosa o qualcuno non riesce a stare al passo e arrivano difficoltà apparentemente (o realmente) insormontabili. Lottare o abbandonare? Quanto tempo rimane? In quei momenti ho imparato che è meglio prendere una decisione, qualsiasi decisione piuttosto che aspettare dei cambiamenti che non dipendono da noi. L'atmosfera del pezzo è adattissima, ça va sans dir.


(la versione del video su youtube è suonata almeno a 25 giri quindi rallentata troppo, quindi non l'ho messa)

CAN THIS BE

Whose makin' such a deal
That's not the way it feels
Who are you lookin' for?
But you get it so confused
That not the way it's used

But how long can this be?
How long, can this be?
How long can this be?
How long, can this be?

When life is one big trail
Take it anyway you will
But you get it so confused
That's not the way it's used...

And how long can this be...
How long, can this be?
How long, can this be...
How long can this be?

Beh, qui veramente i Nirvana hanno saccheggiato a piene mani, ascoltare per credere. Ritornello e riff hanno QUEL marchio di fabbrica ma tutto il pezzo è effettivamente, spudoratamente ed ineluttabilmente antesignano di un preciso percorso del quale poi si sarebbero visti gli effetti. Sporco, veloce ma permeato da quella scintilla (lo vogliamo dire?) POP che pur essendo di natura malinconica e disillusa, tira, eccome se tira. Gran pezzo, e non poteva essere altrimenti.





PUSHING THE EXTREME

Through your mirror there is such vanity
Through the light, it broke to me
That explains?
So you think you fly so free...
But they'll take you so far away...
Leaving no remains...

Pushing the extreme...

In your head is like a movie screen
Why'd it have to cause a scene?
That explains?
So you think your mind is free?
But they'll take it so far away...
Leaving no remains...

Pushing the extreme...

Through your mirror there is such vanity
Tell me, what is it that it wants from me?
You know, child...we used to be in it for the same thing...
But now it's one against the other...
What's this price we've got to pay?

You thought your soul would be free?
But they'll take it so far away...
Leaving no remains...

Pushing the extreme...


Ancora disillusione ed abbandono.
Ancora un pezzo della madonna.
Chitarra per niente rassicurante e refrain oscuro, quel pò di reverbero che dà profondità e un'atmosfera da luce soffusa che illumina sguardi rassegnati.
In fondo è vero. Inutile cercare di forzare il corso delle cose quando queste stanno seguendo una strada che non ci appartiene. Anche se il fascino di spingere fino all'estremo è troppo allettante per alcuni di noi, in culo alla razionalità, alla convenienza, alla buona creanza ed al corretto uso dell'intelligenza. Capita così che magari i primi a cadere nel gorgo siamo proprio noi.
(La versione del video è molto dilatata rispetto a quella del disco, audio appena decente e il concerto è del 1992)





WHEN IT'S OVER

Land of the free, home of the brave...
Do you think we will ever be saved?
In this land of dreams find myself sober...
Wonder when will it'll all be over...
All be over!?

Land of the free, home of the brave...
Do you think we will ever be saved?
Living in a void when the void grows colder...
Wonder when it'll all be over?

Hah, will you be laughing, when it's over?
Will you be laughing.....laughing!?

When it's over...When it's over...When it's over...When it's over...


Chiusura epica e degna per un disco imprescindibile per chi voglia risalire alle radici di una scena che di lì a dieci anni avrebbe rimesso un bel pieno di benzina nel panorama rock mondiale. Sporco (e quando mai), crepuscolare davanti ad un mare mosso e pieno di contrasti di istinti così come la generazione grunge ha dimostrato di saper mettere benissimo in scena, la linea melodica sembra un epitaffio. Se si ha un bagaglio doloroso di rimpianti, di errori e di sogni spezzati maneggiare con cura.

Will you be laughing when it's over?






Grandissimi Wipers.





Grazie al blog Richie Dagger's files per i testi.

martedì 24 novembre 2009

THE FUZZTONES - LYSERGIC EMANATIONS


Anni '80, verso la metà.
Dalle tombe di fumosi cimiteri di collina si levano cadaveri malintenzionati ad uno ad uno.
Hanno chitarre Vox o Mosrite, qualche Rickenbacker per i più tardi, amplificatori valvolari e sembrano usciti da un incubo in Sunset Strip o direttamente dalla Valle delle Bambole.
Poi c'è questo Tim Warren, un pazzo scatenato, che ha un'etichetta, la Crypt Records, con la quale sciorna 7 compilation chiamate "Back from the Grave", dove raccoglie per l'appunto i vagiti mortali di questi cadaveri seppelliti dal tempo.
Finalmente nei negozi di dischi si riesce a ritrovare qualche capolavoro rimasto oggetto di culto per pochi fortunati e/o viaggiatori.
Il primo LP dei 13th Floor Elevators, ad esempio, la Messa Lisergica di Roky Erickson & Tommy Hall, su cui farò un post a parte.
Ed i primi due LP dei Sonics, "Here are the Sonics" e "Boom!".
I Sonics sono stati quanto di più selvaggio e liberatorio il rock 'n roll abbia espresso in tutto l'arco che va da Elvis a Iggy Pop.
Sono sporchi, veloci, essenziali, 100% rock 'n roll.
Sono facce da college americano che scatenano la FURIA.
Non hanno "immagine".
Il cantante si chiama Greg Roslie e fa delle urla bestiali. Ma ha una stracazzo di voce.
I loro classici: ad esempio "Strychnine"




Che casualmente ma nemmeno troppo è ripresa nel primo LP dei Fuzztones, una formazione newyorkese guidata dal cantante Rudi Protrudi,




uno sfolgornate tamarro stile cugino cattivo di Fonzie ed una band di inquietanti tizi vestiti di nero più una fatalona bionda a titillare la tastiera di nome Deb O'Nair.



Li ho visti dal vivo almeno tre volte, in quel periodo: davvero grandi.
Energia rock 'n roll primordiale e rappresentata nella sua forma più selvaggia: Rudi Protrudi riceveva reggiseni e mutandine perchè se la tirava eccome, ma la band non fece mai il salto in una major.
E questo lo dico con tutto il rispetto per Rudi Protrudi nonostante quando c'è lui nei paraggi ogni tamarrometro va automaticamente fuori scala. Vedere ad esempio, il testo di "Bad news travel fast", una delle bonus tracks aggiunte alla confezione in CD, un pezzo della madonna costruito sul riff di "Locomotive breath" dei Jethro Tull su stessa ammissione di Rudi Protrudi.
Ma "Lysergic emanations" rimarrà un segno tangibilissimo del richiamo alle radici più selvagge, primordiali e sporche del rock 'n roll, quando è iniziato a scaturire il nostro blues, l'urlo del bianco che finalmente si unisce al blues del nero perchè il punto di contatto che è riuscito a far toccare il rock 'n roll (ed il blues ed il jazz prima di loro) è stato nodale nella storia dell'integrazione americana. La musica ha sempre parlato un linguaggio che si rapporta all'universalità e quello che bianchi e neri stanno usando da sempre come codice per riconoscersi semplicemente esseri umani è stato soprattuttola musica.
Così Little Richard iniziò ad urlare la sua condizione di gay nero (altamente consigliata a chi voleva vivere una vita di agi nell'America maccartista degli anni '50), Jerry Lee Lewis la sua condizione di teppista, Elvis muoveva il bacino e Vince Taylor impazziva ed informava un'allibita audience londinese di essere in realtà il Profeta Matteo.
I Fuzztones sono un'emanazione lisergica dei primi maledetti del rock 'n roll, del beat che meglio liberava l'energia sessuale, i testi sono iconograficamente rock 'n roll al 100%, boy and girl, schermaglie, ripicche, trombate e tradimenti, cattivocattivocattivo, ma ai tempi erano cose che facevano imbestialire mamma e papà.
Ne convengo che i testi che leggerete mancano completamente di analisi sociale, di consapevolezza politica e di qualsiasi cosa non faccia riferimento all'avere il cazzo ritto davanti ad una bella pupa dopo essersi fatto una sniffata di colla e bevuto stricnina, ma provate a puntare una pupa dall'occhio maliardo ballando sul ritmo di "Gotta get some", "Strychnine", "Cinderella" o "She's wicked". Il rischio di sdraiata in pista con reciproca soddisfazione è molto alto.



Vari pezzi di questo disco sono inchiodati alle scalette dei DJ's che gravitano nel sempre più misero circuito delle discoteche rock (o relative serate). A loro quindi si accompagnano nebulose immagini del Superficie 213 di Capezzano Pianore (LU) poi diventato KamaKama, quindi altro.
Gran bel posto, era lì che soprattutto le band italiane che avevano colto quel momento di ritorno del garage punk targato sessanta potevano suonare ed essere viste, tipo i Sick Rose di Torino o i senesi Pikes in Panic, ma al Superficie213 vennero anche personaggi del calibro di Nico, la musa dei Velvet, invecchiata ma sempre affascinate e tenebrosa, col figlio avuto da Alain Delon che sbatacchiava il tamburello nei pochi pezzi dove non suonavano altro che la sua voce tenebrosa ed il suo harmonium; il ragazzo aveva una randellata tra collo e colletto che stentavo a capire come cazzo riuscisse a stare in piedi. Anche lì era la metà degli anni '80. Durante il viaggio verso la discoteca i Fuzztones erano spessissimo nello stereo, non solo nel mio.
E la carica di questo disco è estremamente, rigogliosamente, assolutamente positiva.
"Lysergic emanations" era questo:


1-2-5

Well I was walking down the street on a four way tab
I found a young girl standin' under glass

her heart was black and her face was masked

A five dollar bill, that was all she asked


Now if I find a car I would go for a drive

I had no car but I had my five

I walked on over to her,
I said "what's your name?"
"My name's Mary Jane and I live down the lane"

When I looked down the lane at the end I could see
A room full of clowns lookin' back at me

The line of executives formed to the right

And if I woulda stay I woulda stood all night

Well she opened up the door and said "go on in"

I walked in first and pulled down the shade

She said "Take it easy, baby don't be afraid....

You got nothing to lose you are at a Penny Arcade"


Bella, quel riff semplice e l'armonica da contrappunto ad ogni verso, anche quella semplicissima.
Rimanda da lontano la "Get off of my cloud" dei Rolling Stones, ma non ha ritornello, è una gemma garage da basso ventre, fa muovere, fa venire in mente una iperfica poi due poi un sacco, poi l'armonica ti sveglia, e poi "take it easy baby, don't be afraid......"
La cassetta di "Lysergic Emanations" è stata per un tempo immemorabile tra le top 20 della mia auto perchè iniziava con questo pezzo qua; uno di quei pezzi perfetti per i viaggi in auto, come del resto tutto il disco.

GOTTA GET SOME

Gotta get some! Yeah baby.....
Sittin' in class, waiting for time to pass

My eye on some girl, gettin' mad at the world
And when I'm out for the day, I meet some chick on the way

I say if you're free come along with me

When I get too close and the feelin' comes over me

Gotta get some!

On the beach, when it's just out of reach

All the girls gather 'round,
you know they're diggin' my sound

Holdin' hands in the sand,
we're getting wet, gettin' tan

I'm so ready to go, my mind's gonna blow

When I get too close and the feelin' comes over me

Gotta get some!


Every night when the feelin's right,
when the band is playin'

You know they're outta sight

i'm dancin' with my girl 'cause we're both uptight

You know it can't be wrong the way she turns me on

When I get too close and the feeling comes over me.
I gotta have my.....

After hours when we're hanging round
a crawded paw in town

You know that somebody's tired

Well it's too late for home,
y' know I'm on my own

and when she finally says that she'll smoke my bone

When I get too close and the feeling comes over me

I gotta get some.


Io amo questo pezzo.
Rudi qui è arrapato fracico. Il Megatruzzo che fa svenire le squinzie, il bad boy with the heart black as coal, direi che il testo meriterebbe un'esegesi con dovuti riferimenti soprattutto al "Simposio" di Platone o, perchè no, allargare un minimo l'aulicità di tale soavi liriche al "Cantico dei cantici". Tanto il senso è quello, deve essersi provvidenzialmente detto il Protrudi.
Devo averne un pò.
Yeah.

Amo questo pezzo perchè mi fa saltare, se sto scrivendo mi fa battere l'altra mano ed i piedi, se sto mangiando mi fa battere il coltello nel bicchiere, se sto trasportando un pesantissimo frigorifero per le scale lo volo di sotto da tre piani e comincio a ballare, se sto guidando faccio diventare il volante quadrato a suon di botte, se sto scopando non c'è bisogno di gotta get some.

JOURNEY TO TYME

Today, all hope fade away
Tonight, just a journey to tyme

Well I don't care if I ever come back

It'll be a quick trip that never ends

It's been such a sad sad day

I, I'm on my way

Down, kaleidoscope path

The wall I've captured I can't turn back,
won't never come back

Well, I've reached my destiny

Now, I reached my destiny

To be trapped in the walls of time

The wall I've captured, I can't turn back

I can't turn back, I can't turn back

I, I reached my destiny.



Bad trip, eh Rudi?
In realtà questo pezzo è dei favolosi Kenny and the Kasuals, una band di un certo rilievo nel panorama garage americano negli anni '60, dei quali vorrei assolutamente ricordare un eccezionale beat-punk con una incredibile tastiera ed un ritmo forsennato chiamato "In & out", forse uno dei più bei pezzi in assoluto del genere. "Journey to tyme" è un pezzo cupo come il testo, d'altra parte l'influenza psichedelica ha toccato con tutte e due le mani ogni genere musicale che avesse radici nel blues e questo è un rock ad alto contenuto lisergico ma caratterizzato dal riff iniziale che si ripete alla fine delle strofe . Anche qui niente ritornello, infatti, ma un riffazzo in rialzo semplicissimo e centrato che da solo vale il prezzo del biglietto.

WARD 81

I wanna tell you 'bout Ward 81
Admitted to observation
180 days
180 days 180 days
180 days, yeah

Administer the medicine
To my heart
Yeah, administer the medicine
To my heart
Behind barred windows, the walls are whispering
Gotta flip a switch
Pull out the stitches
Gotta flip a switch
Pull out the stitches

I'm ugly and nervous
Until I get my kicks
Don't like it through the eyelids
Rubber walls and lunatics

say yeah, administer the medicine
To my heart
Yeah, administer the medicine
To my heart
Behind barred windows, the walls are whispering
Gotta flip a switch
Pull out the stitches
Gotta flip a switch
Pull out the stitches

Canzone cupa ed inquieta, ambientata in un manicomio.
Una cavalcata psycho-ad-elica con crescendo e riprese avvincenti, un intermezzo che dovrebbe focalizzare il disagio mentale del protagonista mentre voci fuori campo intervengono come kapò che dettano legge & ordine laddove legge ed ordine non esisteranno mai.
A tanto arriva l'epica dell'outsider? Uh, pure più in là.
Poi però una volta messo su il pezzo prima di tutto si balla. Fino a diventare matti.
C'è il video, comunque.
Eccolo:








La formazione è quella originale di "Lysergic emanation, bene specificarlo perchè subito dopo quel disco i cambi di formazione sono stati innumerevoli.
Da notare il timbro delle tastiere della bionda (e bella, molto bella) Deb O'Nair che imperversa in tutto il disco dando quel tocco un pò oscuro e un pò retrò perfetto per una band di zombie tornati a camminare sulla terra.

STRYCHNINE

Some folks likes water Some folks likes wine I love the taste Of straight strychnine Well you may think it's funny, that I like this stuff Once you tried it, you can't get enough Wine is red, poison is blue Strychnine is good, for what's ailin'you If you listen to what I say You're gonna try strychnine someday Make you jump, it'll make you shout It'll even knock you out Some folks likes water Some folks likes wine I love the taste of straight strychnine Strychnine, hey! hey! Strychnine, hey! hey! Strychnine, hey! hey! Strychnine, baby...!
Attacco d'organo da chiesa eretica e riff.
Cazzo.
E poi via, si parte! Distruzione & devastazione, col rock' n roll più malato e scatenato di marca Sonics in onore delle stricnina, bevanda in uso nelle bettole di confine nel Sud profondo degli Stati Uniti. Un pezzo che risale al 1965, tanto per dare un'idea.
La versione dei Fuzztones è atomica, può far ballare anche i morti eccetto quelli andati in paradiso, ed è diventata a sua volta un classico. Se frequentate discoteche rock chiedetela al vostro DJ e lasciate esplodere la sala.
Vista dal vivo con ondate di decine e decine di figure umane poganti (tra cui il sottoscritto, naturalmente) è un rito liberatorio difficilmente eguagliabile.

RADAR EYES

Your radar eyes, your radar eyes Fly, girl, fly Cry, cry, cry Dry your crimson coated eyes Fly, girl, fly In your eyes I find hope I find hope in your radarscope In your eyes, your radar eyes Don't die, don't die, don't die In your eyes I find hope I find hope in your radarscope In your eyes, your radar eyes
In dog we thrust In dog we thrust In dog we thrust

Il primo lato si chiude con questo pezzo molto, molto acido dall'incedere molesto nel quale Rudi gigioneggia strafatto ma sempre in agguato. Appare anche il fantasma di Jim Morrison, che Protrudi deve aver venerato il giusto per riprendere certe cadenze maudit, pur essendo consapevole di non avere nè la poetica nè il portentoso carisma del Re Lucertola.
D'altra parte Rudi è un teppista rock 'n roll.
Non è un capolavoro ma un tassello funzionalissimo a questo disco.

CINDERELLA

Hey, hey, hey, hey, hey everybody I'm looking for a girl Now she's the sharpest one, in the whole wide world I wanna be her man I wanna catch her if I can I met her at the ball Y'know we danced all night Now when I kiss her lips, she really held me tight Disappeared by herself, when the clock strikes twelve Hey, hey, hey, hey, hey Cinderella Where have you gone? You know I found your glass slipper Just for you to try on I wanna be your fella Hey, hey, hey, hey, hey Cinderella She's got long black hair Stands about five foot two Now when she went away Y'know I found her glass shoe Now won't somebody tell me Just what am I gonna do, yeah, yeah, yeah, Hey, hey Cinderella I wanna be your man Hey, hey Cinderella I wanna catch her if I can I wanna be your fella Hey, hey, hey, hey, hey Cinderella

Altra cover dei Sonics, altro capolavoro rock 'n roll.
La Cenerentola del pezzo deve essere sicuramente una bad girl dai capelli striati di viola ed azzurro elettrico in minigonna di pelle e la scarpetta di vetro uno stivale con stiletto e fibbie cromate. Quando entra il ritornello è come dare il via all'ennesima danza sabbatica rock 'n roll.
Non nascondo che deicare un pezzo ad una donna degna di questa canzone sarebbe per me fonte di enorme eccitazione e viatico di un altrettanto scatenato rock 'n roll in orizzontale bombardato da luci psichedeliche, superalcolici e superdroghe con la mia Cinderella altrettanto schiodata.
A quest'età.
Vergogna (una sega).

HIGHWAY 69

Come on along, we'll take you down The road that leads the wrong way Leave your little world behind Nothing stands in your way Climb aboard the swingin' ride I'll fill the emptiness inside Now don't get left behind Just leave your mind behind Take a trip to Higway 69 Little girl your time has come The time to spread your wings I'll show you things you've never seen Beyond your wildest dreams Climb aboard that swingin' ride I'll fill the emptiness inside Now don't get left behind Just let your mind unwind take a trip down Highway 69 So don't get left behind Just let me blow your mind take a trip to Highway 69.

Non sia mai che Rudi Protrudi si smentisca con qualche mieloso testo da innamorato.
Una dichiarazione da delinquente per uno psycho-beat appena minore solo perchè inserito in un album di capolavori. Il gusto ed il timbro delle tastiere di Debbie sono sublimi. O forse è lei ad esserlo e per questo perdo ogni ritegno di critico. Chi se ne frega, dopotutto.

JUST ONCE

It's been a while since I saw you I saw you just today I wanted to ignore you Somehow, you got your way Just once, I wish you let me go Just once, I wish I'd say no Just once, I wish that you'd go I saw you in trouble Gave you my advice You kissed me just like before Tears in your eyes Just once, I wish you let me go Just once, I wish I'd say no Just once, I wish that you'd go It's been a while since I saw you I saw you just today I wanted to destroy you Somehow, you got your way Just once, I wish you'd let me go Just once, Iwish I'd say no Just once, I wish that you'd go Just once.

Ma il solenne lentone psychobeat contrassegnato dall'organo di Deb non poteva mancare.
Pezzo un pò sotto la media del disco ma via via con l'ascolto specialmente dell'intero disco ha una sua collocazione ed un suo perchè. La ballata dell'amore perduto non fa per i bad rockers come Protrudi e quindi voce suadente e nostalgica, qualche femmina non ha gradito abbastanza? No, è il distruttivo stile di vita rock 'n roll che è difficile da reggere, baby.
Così pure cantandolo dopo un addio beh, alla fine, avanti la prossima.
Diavolo d'un Protrudi.
(in realtà sembra sia una canzone dedicata a Deb O'Nair, che ha avuto un lungo e tormentatissimo rapporto con Rudi, rileggendo il testo però l'ha mascherata bene).

SHE'S WICKED

Said my baby's evil, said my baby's bad The gypsises stole my baby from her mom and dad Raised up in the hills On the wrong side of the tracks Tangle with my baby, you ain't never comin' back She's a voodoo child I hear the call of the wild She's wicked She's wicked She's wicked She's wicked She's got a mouthful of razor teeth And claws so needle sharp She'll set you off like fireworks And tear your flesh apart I know you won't take my advice When it comes your turn First she'll lay your soul on ice And makes your body burn She's a voodoo child I hear the call of the wild She's wicked She's wicked She's wicked She's wicked Said my baby's evil, said my baby's mean I asked her for some water And she brought me gasoline Raised up in the hills Where the werewolves howl Everytime the moon comes up You can hear my baby howl She's a voodoo child I hear the call of the wild She's wicked She's wicked She's wicked She's wicked Wicked!

Questo è il mio pezzo preferito del disco. Una danza voodoo/psichedelica dal beat saltellante che se non vi fa schizzare probabilmente è perchè non avete il corretto uso degli arti inferiori.
"She's wicked" è un altro classico, stavolta 100% Fuzztones e 100% psychobeat. Su pezzi come questo c'è poco da ragionare, let's dance and go wild!

AS TIME'S GONE

Woah, time's such a little thing I stand here and let it rain Those days are gone, walk out the door But for that girl time moves too slow As time's gone Only time can ease the pain How can I now refrain In the dark callin' out your name I walk alone But in time will be found The way to live on As time's gone Thinkin' back I start to pray My mind's all in a haze Look back on better days I walk alone But for that girl, time moves too slow As time's gone Yeah, as time's gone Woah yeah, as time's gone baby As time's gone

E non c'è tregua.
Questo pezzo evoca orge psichedeliche dirette da Russ Meyer, Psych-out, atmosfere lisergiche e pupe in minigonne optical scatenate sotto luci multicolori. Struttura semplicissima, beat irresistibile, i Fuzztones al loro meglio. Come il tempo andato.




LIVING SICKNESS


Sick within you people yellow heart within my soul
See me when I'm walking, for I a'm here and yet I'm not
6 or 12 people so cruel they make you want
I'm a living sickness
Sick within myself
Well I'm a walking ad for mental health
But you're not gonna put me on your shelf
I said no, no, no, no, no, no,
No, no, no, no, no, no, no, no, no.


Chiusura collo psicobotto.
Un malatissimo psychoblues egregiamente tastierato ed ancor più egregiamente interpretato. Lento, e rabbioso, il sigillo della malattia di un grande disco rock, che poi, una volta assimilato questo "Lysergic emanation" ci si accorge di quanto le etichette "garage" "beat" "garage punk" "psichedelico" "psychobeat" e "psychoblues" sono solo un riferimento ambiguo nell'infinito labirinto di contaminazioni che può contenere un semplice giro di tre accordi e due versi truzzi.
"Lysergic emanation" è uno di quei dischi che anche i non estimatori del genere possono apprezzare con soddisfazione soprattutto da chi ha ancora gli ormoni del ventenne in circolo; per i frutori di Viagra, prego accomodarsi al settore crooners o a roba tipo Diana Krall o Portishead o la Bonzo-dog-doo-dah-band se si è sufficientemente gonfi di sostanze illegali in quantità illegali.
Ha il raro dono, partendo da un impianto di base spudoratamente sixties, di aver condensato il verbo rock 'n roll dei venti anni percorsi senza cedere le armi a tentazioni sputtanatrici di alcuna sorta. Non li vedrete su MTV. Negli anni Rudi Protrudi ha inciso anche altre cose di spessore notevole come l'EP insieme a Screamin' Jay Hawkins, il grande bluesman di "I put a spell on you", cioè questo viso qui:





Ha raggruppato un manipolo di delinquenti con cui ha donato il suo tributo al chitarrista Link Wray ed ha cambiato, stravolto, rifatto, strafatto millemila volte i suoi Fuzztones; ogni tanto viene in tour in Italia, ha i suoi annetti ma se la cava ancora alla grandiosa. Ha anche collaborato al disco di Dome La Muerte & the Diggers, il gruppo dell'ex chitarrista di Cheetah Chrome Motherfuckers e Not Moving, nomi dell'Italia che fu e che probabilmente non ci sarà più.
Magari più in là vi presento qualcuno.