martedì 24 novembre 2009

IL CRITICO MUSICALE



Può un critico musicale essere un ottimo critico senza aver mai messo piede su un palco, in una sala di incisione o anche solo suonando nel tinello di casa propria?
Può darsi.
Comunicare quello che si riesce ad assimilare dalla musica non è sempre così semplice.
Chiedetelo alle fans dei Tokio Hotel.
La continua scoperta delle potenzialità di impatto sull'animo, sulla psiche e nei comportamenti che la musica ha da sempre è sicuramente una delle chiavi di volta per capire chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo e perchè la barista bionda del Bar Zelletta non ve la darà mai.
E,così come per i libri è stato tra adolescenti che ci passavamo i dischi che facevano da colonna sonora ai nostri viaggi adolescenziali confusi tra il bene e il male, tra sesso e sentimento, tormento ed estasi, libanese e marocchino. O nepalese. O afgano. O l'erba del vicino, che era sempre più buona.
Poi venne il CD, poi l'i-pod, poi ci sono i nostalgici del vinile e quelli che ci speculano sopra, gente che andrebbe abbattuta a colpi di cartucce Stereo 8 (se qualcuno non le ricorda non sa cosa vuol dire avere la macchina sommersa da 5 cartucce Stereo 8, la sesta dovevi tenerla sul tettino)


L'essenziale però è l'album, il compimento del percorso musicale dell'artista, la tappa referenziale, la summa dello stato della sua arte. Ed era di albums che ci cibavamo, anche perchè gli anni '70 hanno abbondato di concept albums, raramente capolavori, spesso monumentali smottamenti di scroto verso i ginocchi. Quindi un album alla volta, cos'è e cosa mi rappresenta. Che poi è sempre un pretesto per parlare di qualsiasi cosa.

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